La scossa di terremoto registrata in Puglia dai sismografi dopo l’endorsement, o come lo volete chiamare del Presidente della Regione Puglia al Sindaco di Nardò, vede ancora le proprie onde propagarsi nella rete che prevedibili come il tacchino nel giorno del ringraziamento arrivano le dichiarazioni “al vetriolo” dei risentiti: Dario Stefano, Teresa Bellanova, Danilo Scorrano (who is? ).

Parleremmo solo di  “orfani del muro di Berlino” se non fosse che la ripetitività delle accuse verso Mellone ed Emiliano appaiono il frutto di uno stancante rituale, il retaggio di una cultura del sospetto, che guarda alle ideologie come feticci identitari prodromi di una “purezza della casta” quella sinistra che si consegna inesorabilmente alla sconfitta.

Per quanto ne possano dire i loro detrattori, nel panorama politico pugliese, se non volessimo (tanto per cambiare) ‘andare oltre’, Emiliano e Mellone sono gli unici politichi che si sono accorti che destra e sinistra valgono a mala pena per segnalare un percorso stradale o una indicazione su google maps.

Un filosofo francese contemporaneo Bernard Manin ha saputo meglio di altri descrivere il processo della <<metamorfosi della democrazia>> e soprattutto anticipare una riflessione sul concetto di <<democrazia del pubblico>>, che aiuta ad interpretare anche il momento della politica salentina.

La democrazia del pubblico subentra alla democrazia rappresentativa dei partiti, ormai, inesorabilmente, in declino, i quali si riducono a meri cartelli di oligarchie, perdendo credibilità e capacità di mobilitazione e alimentando sfiducia e disaffezione verso la politica, cedendo spazio e ruolo alla <<personalizzazione>>.

La politica che <<espelle>>, da una parte, e <<non riconosce>>, dall’altra, gioca in difesa di interessi particolari ed esprime una incapacità profonda di comprendere la realtà proiettandosi a salvare il salvabile di un retroterra ormai compromesso ed ingestibile.

Vincere gli stereotipi a partire dall’abbigliamento e dal linguaggio  è la risposta <<pop>> di Mellone e di Emiliano  che impersonano, come nessun altro nel panorama politico locale, regionale e nazionale quella voglia e capacità di confondersi con la gente comune, di mimetizzarsi nella normalità di essere tra il pubblico e per il pubblico capace di interpretare le istanze più profonde della società.

Emiliano e Mellone si dimostrano capaci di confondere e rovesciare i tavoli, di stupire ed inquietare gli scenari preconfezionati, sempre asimmetrici ai cliché imposti da un vocabolario ormai in disuso se non nella testa di qualche nostalgico bigotto di una idea di società che non tornerà più.

Emiliano e Mellone registi ed attori protagonisti del teatro della politica, capace di far parlare di sé e di scandalizzare, sempre e tutti, da destra e sinistra.

E’ normale che la generazione Gutenberg, a cui ahinoi apparteniamo, stenti a comprendere i meccanismi di una comunicazione veloce, che non conosce soluzioni di continuità e preferisce l’immagine alle parole, troppo spesso roboanti e barocche e quindi prive di significato inclini a cadere nella <<banalità dei termini>> e <<confusione dei concetti>> e che, comunque, atteso l’analfabetismo dilagante non riuscirebbero a penetrare le menti di chi le ascolta o le legge.

La semantica <<pop>> del duo pugliese ha fatto del superamento dell’Ipocrisia Globale il leit motiv riuscendo a costruire uno spazio aperto, senza paratie ideologiche, che non ghettizza e non divide il mondo in categorie, perché ogni cosa sconfina nell’altra e, in attesa di stilare una lista completa delle sfumature, vale tutto e il contrario di tutto.  

L’oltrismo pop aborrisce la politica delle narrazioni erudite, spesso frutto di copia incolla improvvisati, quando non di fake news, tipici dei cultori del nulla mischiato al poco.

Lo sci-orinare di parole altisonanti e fini a se stesse rappresentano solo la perdita di dignità di presenza e peso specifico, abilitando il discorso a comprendere tutto e il contrario di tutto, in una rincorsa all’accumulo, che seppellisce qualsiasi distinzione, annulla le gerarchie di valore, non distingue le responsabilità rispetto alle prese di posizione nel tempo.

Dalla nostra prospettiva il Presidente della Regione Puglia e il Sindaco di Nardò si stanno proiettando in una dimensione nuova di fare la politica e di coraggiosamente prospettare una strada diversa alla propria gente.

In poche parole i due leader stanno dimostrando di avere capacità di rappresentare una visione della società da proiettare sul futuro.

A tal proposito ci piace ricordare il concetto Kantiano  “dell’attesa ponderata del futuro” che implica la liberazione dal preconcetto di essere imbrigliati dentro un processo irreversibile che prescinde dalla volontà di ciascuno. Pertanto, si sviluppa la capacità di affrancarsi da una visione deterministica per cui il futuro diventa una aspettativa positiva uno spazio ricco di sbocchi e non solo di problemi, restituendo alla realtà il senso della possibilità e della pluralità degli esiti.

Ed ancora stanno recuperando una idea della società che non premia solo la dimensione individuale e privata ma che apre alla socialità delle relazioni e ad un’idea condivisa di un percorso collettivo.

Dalle loro parole emerge una convergenza sulla necessità di un patto tra generazioni differenti, stabilendo ponti e collegamenti, memorie e progetti e sulla importanza del riconoscimento dei diritti sociali senza preclusioni e/o esclusioni partendo dal principio “da ciascuno secondo i propri mezzi, a ciascuno secondo le proprie necessità, passando dall’abbattimento della retorica dello straniero come nemico.

Ecco che parlare di <<neofascismo>> o di <<comunismo>> palesa nei detrattori del “duo barese-salentino” una incapacità di comprendere una realtà che è semplicemente più complessa di quella che appare allo sguardo di lenti e menti distorte dalla bramosia di un potere che ad ogni tornata elettorale si riduce sempre più.

Eviteremmo ogni sforzo semantico ulteriore per evidenziare il grande abbaglio in cui sono caduti coloro che più che espellere Emiliano dal centro – sinistra hanno confermato un dato che appariva di per sé evidente, il loro tempo è finito, perché la realtà li ha espulsi, da un pezzo, condannandoli all’irrilevanza.

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